Scheda:
ITALIA, 2017
HD, colore, 28 ‘
Regia Gaia Giani
Scritto da Gaia Giani e Maresa Lippolis
Fotografia Gaia Giani
Suono Gaia Giani / Maricetta Lombardo
Musica Originale: Fabrizio Ottaviucci
Voce narrante Federica Fracassi
Produzione:
Corrado Beldí per P81
Con la partecipazione di Cecilia Quagliana
Contatti:
info@novarajazz.org
gaiasuelogiani@gmail.com
La zona oscura – L’età bambina, è un viaggio in punta di piedi in un luogo e in un tempo del passato. Una riflessione metaforica sul mondo dell’infanzia e dell’educazione in un momento di passaggio e cambiamento.
Dal vecchio si passa al nuovo. Mobili e materiale didattico vengono impacchettati, bambini e le maestre aiutano, lo spazio si svuota, mentre Jole pensa con nostalgia al lungo tragitto percorso.
Sono trascorsi più di quaranta anni dal giorno in cui Jole Ruglioni ha fondato nel 1972 La Casa dei Bambini, una delle prime scuole Montessori di Milano.
Per quattro decenni, le stanze, le mura, la mansarda buia e claustrofobica e la scala scricchiolante della villa ottocentesca di via Porpora hanno accolto generazioni di bambini.
Ora la villa è diventata un’abitazione privata: mura e soffitti sono stati sventrati, anche la scala, cuore della scuola, è stata rimossa, eppure per molte persone, studenti e genitori, l’edificio di via Porpora rimarrà per sempre la scuola Montessori di Jole, un luogo oggi non più idoneo all’insegnamento, pregno di ricordi, storie e volti.
È con questo sguardo, mai giudicante e invasivo, che l’autrice segue gli ultimi mesi di attività della scuola prima del trasferimento nella nuova sede.
La casa-scuola pensata da Maria Montessori è un luogo caldo che avvolge le vite dei bambini, delle maestre e del personale. E’ questo il luogo che l’autrice decide di filmare nella sua mutazione, un luogo che diventa emblematico e consente di accedere a un ricordo intimo della propria infanzia, come zona oscura da preservare.
In una continua alternanza tra passato, presente e futuro, come in un gioco della memoria, tra momenti di studio, gioco e ordinaria routine scolastica, quella villa si svuota e cambia forma.
Le parole di Jole raccontano la gioia di una vita dedicata all’insegnamento e di una scuola fatta di passione e ascolto ai bisogni del bambino. Riempiono le stanze ormai vuote, e destinate a diventare altro.
Mi sono intrufolata nel cancello della scuola di via Porpora con l’intenzione di cogliere un passaggio, di condizione e tempo. Mi conoscevano già, non ero un’estranea.
Per giorni interi – settimane – ho raccolto frammenti di momenti: ero ovunque e da nessuna parte. Filmavo il miracolo dell’infanzia, la gioia dell’apprendimento, i momenti di sconforto, il gioco e la stanchezza.
Intanto, da una stagione all’altra, i bambini crescevano davanti ai miei occhi, cambiavano classe, passavano alle medie, e ne arrivavano sempre di nuovi.
La scuola non si fermava mai, accoglieva e salutava, in un continuo lavoro di preparazione al mondo dei grandi
Questo lavoro racconta di una primavera e di un autunno invernale, e poi ancora di altre stagioni; un susseguirsi nella trasformazione del tempo.
Per mesi mi sono chiesta se testimoniare anche il passaggio nel nuovo edificio, poi ho deciso che l’anima del film era quella villa, quell’edificio, quella casa: la scuola Montessori di via Porpora. L’unità di luogo che diventa metafora di qualcos’altro.
Dopo due anni per una coincidenza fortunata sono stata contattata dal nuovo proprietario che era venuto a conoscenza di un libro dal titolo Io sono stato qui che avevo realizzato sulla scuola e da lì ho chiesto di poter ritornare e rientrare nella scuola ad osservarne i cambiamenti e di poter portare Jole Ruglioni, la fondatrice, nella scuola che aveva creato e in cui non era stata più dal trasferimento. Tutto apparteneva al passato ed era solo un viaggio nella memoria, che poi in fase di montaggio ho deciso di limare per concentrarmi sul perché uno decide di insegnare in un modo rispetto ad un altro, quindi sull’esperienza che si crea a partire da un determinato pensiero.
A partire dal luogo e la coincidenza dell’iscrizione di mio figlio alla scuola materna prima ed elementare poi, mi sono più volte posta la domanda quale fosse la scuola ideale. Non mi sono data una vera risposta se non che ci sono delle suole possibili e quella che ho intravisto mi ha fatto anche pensare a un momento storico della pedagogia in Italia negli anni ’70, dove il bambino veniva riscoperto nelle sue potenzialità e nella sua libertà. Siccome la scuola materna e la scuola primaria coincidono con l’infanzia penso che la scuola come luogo di educazione debba essere sempre privilegiato. Il metodo Montessori all’inizio del ‘900 ha messo al centro di tutto il bambino ed è stato rivoluzionario per l’epoca. La ricerca e la precisione del metodo, dopo il periodo di contrasto del fascismo, quindi dagli anni ’50 si è rivelato sempre fonte di ispirazione per diverse pedagogie in Italia, che hanno dato seguito a diverse scuole. Una domanda che mi sono posta durante la lavorazione del documentario è sempre stata “se Mussolini e Radice-Lombardo non avessero così contrastato fortemente l’autonomia dell’individuo che è il principio fondamentale del metodo Montessori potremmo essere noi italiani un popolo diverso?
Questa domanda l’ho tagliata dalla voce narrante, poiché nello sguardo intimista e diaristico che ho privilegiato stonava, ma questo è quello che mi ha affascinato della scuola ed è quello che mi ha dato questa ricerca l’assoluta certezza che l’importanza è mettere al centro il bambino e permettergli di acquisire strumenti che lo rendano un essere umano pensante e libero
La zona oscura sono parole estrapolate da una bellissima riflessione di Natalia Ginzburg su come dovrebbe essere la scuola scritta sul corriere nel 1977 “Ai nuovi maestri, e anche ai vecchi, la società deve chiedere questo sforzo vitale. Ma la qualità della richiesta è preziosa e immensa, e poiché ai maestri sono affidati dei bambini, cioè la zona più delicata e oscura che esista nell’universo, e la più fragile, la più facile da corrompere e da sciupare, non si capisce come non siano, i maestri elementari, al centro e nel cuore dell’interesse generale.” Questa zona oscura è appunto l’infanzia, che viviamo tutti e poi se ne ricordano solo dei frammenti, dei ricordi che si confondono, perché tutto diventa flusso.
Gaia Giani, vive e lavora a Milano come fotografa e talvolta sente
la necessità di raccontare le sue storie come filmmaker.
Dopo la laurea in filosofia con la cattedra di estetica sul Tanz-Theater di Pina Bausch si trasferisce a Londra. Rientra in Italia nel 2001 e inizia a collaborare come aiuto regista e producer di documentari. Nel 2009 inaugura la prima mostra personale, che dà inizio alla ricerca e all’attività personale come artista.